Alessandro Wesch, artista ed autore di testi poetici nasce nel 1973 a Domodossola.
L’artista vanta una formazione professionale in campo artistico, essendosi diplomato con lode all’Accademia delle Belle Arti di Brera (MI) ed avendo compiuto studi di grafica in Islanda, a Milano ed in altre parti del mondo.
Le sue opere sono state esposte in numerose mostre in Italia e all’estero, fra le quali citiamo, non a titolo esaustivo, la personale presso l’Officina di Incisione e Stampa “Il Brunitoio”a Ghiffa (VB) nel 2005 e presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna nel 2006; all’estero ha esposto presso gli spazi della “The Art Grotto Gallery” ad Eugene (Stati Uniti) nel 2002, ha partecipato al 20 Simposio internazionale di scultura in legno “Traesculpture Symposium” ad Emmer-Lev Hojer (Danimarca) nel 2002 e al”The World Art Delft International Symposium dedicato alla “Recycling Art” a Delft (Paesi Bassi), nel 2008.
I suoi lavori si trovano in collezioni private e pubbliche.
Nel 2018 ha ricevuto il premio alla carriera artistica presso la Camera dei Deputati a Roma.
Instancabile sperimentatore, Alessandro si è cimentato inizialmente con il disegno, l‘argilla e, durante gli anni accademici, con la calcografia ed il monotipo.
Negli anni piu’ maturi si è avvicinato all’arte digitale e la sua produzione in questo campo è vasta.
Dagli iniziali soggetti naturali, approda in seguito ad un astrattismo sempre più incisivo.
Si notino in tal senso i lavori che indagano le potenzialità del mezzo tecnologico, con il quale l’artista interagisce in maniera simbiotica.
Da menzionare inoltre la produzione, sempre nell’arte digitale, di onde e agglomerati di varia foggia che riecheggiano l’Optical Art.
ln questo senso, l’astrazione, nella poetica di Wesch, diviene un flusso continuo e mutevole, dove i sentimenti dell’artista si fondono e si confondono con la forma stessa, trasformando ogni opera in un’esperienza unica ed enigmatica.
Alla freddezza dei colori che il supporto digitale infonde, viene contrapposto il calore delle pigmentazioni dei dipinti eseguiti manualmente.
A differenza del rigorismo geometrico, però, le figure danzano, si muovono, si proiettano le une sulle altre, ricordando le opere di Joan Miro, seppur con la scelta di una tavolozza differente.
Con Alessandro Wesch il gesto umano riconquista il proprio vigore; la vernice pittorica fuoriesce dalla bidimensionalità per giungere a una maggiore stratificazione materica.
E talvolta abbandona pure i vivaci cromatismi che connotano parte dei suoi dipinti per convergere sui primigeni bianco, nero, grigio e sulle loro intrinseche possibilità, dimostrando una grande padronanza anche in questo tipo di sperimentazione.